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L'America, la pace e quattro passi

di Gianni Riotta

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14 Marzo 2010
La pace e quattro passi (Foto Afp)

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Il più grande tifoso che l'Europa avesse alla Casa Bianca è oggi cauto: «Sono agnostico – dice Kupchan – l'Europa ha paura del mondo globale, i paesi dell'Est son stati assorbiti troppo in fretta, la Turchia dimenticata. Siete delusi da Obama, dopo esservi troppo illusi. È stagione di prudenza, per tutti».

Anche sul giovane presidente Kupchan suggerisce cautela: «È leader straordinario, il mondo lo ha guardato con ammirazione. Il suo approccio alla politica resta però fermo, a volte, al primo passo della conciliazione che ho studiato, è come se offrisse la mano e poi restasse sorpreso se il nemico non gliela stringe subito con entusiasmo. È uomo di idee, ma nel mondo contano anche forza e interessi. Non dimenticare che la politica, negli Usa come qui da voi in Europa, sta diventando sport brutale. Temo che governare Washington sia impossibile, risse, fazioni ovunque. Durante la Guerra Fredda la politica estera era condivisa, oggi nei talk show ci si dà con disinvoltura del traditore. Sono tempi da estremisti, a destra accusano Obama di essere comunista, a sinistra gli danno del venduto».

Il professor Kupchan torna a guardare il sole che illumina la Serenissima. I suoi «quattro passi da nemici ad amici» sarebbero necessari anche nei nostri paesi, Usa come Italia. Deporre le armi, riconoscersi, dialogare, accettare valori comuni. Quando Washington e Roma sapranno essere saggi come Onondaga? Per cominciare dovremmo certo smettere di avvelenare i pozzi della verità, dell'informazione, come si fa in guerra. È quanto propone la filosofa Franca D'Agostini nel suo saggio Verità avvelenata (Boringhieri): e varrà di parlarne ancora, in questi giorni plumbei di campagna elettorale.
gianni.riotta@ilsole24ore.com

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14 Marzo 2010
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